martedì 2 ottobre 2012

Delle rughe e delle strade che portano a te

L'altro giorno ho rivisto una mia zia lontana.
Cioè, non l'ho incontrata, è su Facebook anche lei: alla veneranda età di ottanta anni posta cartoline da gesùcristo e invia cuoricini fluorescenti (chissà quanto le devono sembrare avveniristici).

Ma non voglio parlare della mia vecchia zia e del suo maldestro ingresso nel mondo dei giòvani (maldestri).
Voglio parlare delle sue rughe: sì, le sue rughe.
Guardavo una sua foto e quelle rughe mi hanno riportato  a quindici anni fa, no più indietro, alla mia infanzia, un link impazzito alla Avatar, ho aperto gli occhi ed ero davanti a mia nonna.
Ecco, mia zia assomiglia in modo terribile a mia nonna, anzi no, non le assomiglia, mia zia è mia nonna, sullo schermo c'era lei, la vecchina che mi ha cresciuto a suon di massime e di lanci della ciabatta (grande campionessa di sempre).
Per voi che leggete tutto questo non è niente più che un ricordo, un banale flash su un'infanzia qualunque.

Ma per me no: quella foto mi ha schiaffeggiato, è arrivata veloce e improvvisa come una delle ciabatte di mia nonna, è arrivata insieme ai miei passi di bambina, al corridoio immenso che facevo di corsa per la paura del buio, alla casa della mia infanzia, al cortile dei giri in bici, tutti uguali, tutti in cerchio, alle ortensie che tagliavo per i miei giochi, alle voci delle donne alle finestre (cheffai, delinguente!) a quella di mia nonna (è pronto, saliii) ai suoi moniti, ai suoi proverbi, ai suoi ricordete che, ai miei non ricorderò, non mi importa.
È arrivata qui, fino al mio ora ricordo e adesso mi importa.

Non credo che esista nulla, ma poi immagino tu sia qui.
Se non altro sei nel mio volto, in quelle che un giorno saranno le mie rughe.

giovedì 22 marzo 2012

Muta

L’altro giorno ho immaginato di essere muta (in realtà avevo un brutto mal di gola ma poi la mia ipocondriaca immaginazione ha fatto qualche salto di troppo).
E insomma ero muta, ma non da sempre, ci diventavo tutt’a un tratto, bum! muta.
E mi sono chiesta come facevo a parlare (ma grazie direte voi), ma no, come facevo ad esprimermi, dico io, non potevo più interrompere la gente, non potevo più ridere in modo molesto, non potevo inventare voci, non potevo fare versi, insomma non ero più io.
Era come nascere una seconda volta, piacere Blàz, piacere Muta, un’altra persona, un altro corpo.
Perché una persona è la sua voce, ho pensato io, (grazie al casio direte voi), ma non è solo una voce, è un linguaggio, un suono, una melodia chiusa in un cartoccio di gesti, ecco quello che è.
E mi ha messo tanta tristezza questa faccenda di esser diventata muta.
È anche vero che noi ipocondriaci ci intristiamo facilmente.

mercoledì 22 febbraio 2012

mercoledì 25 gennaio 2012

Stasera

Stasera la luna
è una ferita segreta
tra gli alberi
muti.
B.

lunedì 5 dicembre 2011

piove

In questa giornata uggiosa (e non ho l'ombrello), mi sento come un'onda morbida sulla sabbia fredda.
Ho voglia di poesie, come quando ero una ragazzina dai lunghi capelli aggrovigliati.


Ah!, quante cose perdute
che perdute non erano.
Tutte le serbavi tu.
Minuti grani di tempo,
che portò via un giorno il vento.
Alfabeti della spuma,
che un giorno il mare travolse.
Io li credevo perduti.
E perdute le nubi
che pretendevo fermare
nel cielo
fissandole con occhiate.
E l’allegria alta dell’amore, e l’angoscia
di non amare abbastanza,
e l’ansia di amare, di amarti, di più.
Tutto perduto, tutto
nell’essere stato un tempo,
nel non esistere più.
E allora tu sei venuta
dal buio, radiosa
di giovane pazienza profonda,
agile, perché non pesava
sui tuoi fianchi snelli,
sulle tue spalle nude,
il passato che tu,
così giovane, portavi per me.
Ti guardavo alla luce dei baci
vergini che mi hai dato,
e tempi e spume
e nubi e amori perduti
furono salvi.
Se da me fuggirono un giorno,
non fu per morire
nel nulla.
In te continuano a vivere.
Ciò che chiamavo oblio eri tu.
Da Pedro Salinas La voce a te dovuta

martedì 18 ottobre 2011

Il modo in cui gira il mondo

Alla radio c'era un gran discutere su come far scendere le grasse signore dal cielo. Durante il giorno salutavano allegramente con la mano da lassù ma io immaginavo che oramai dovessero essere affamate.
Ho pensato però che quella forse era l'evoluzione naturale delle cose, il modo in cui girava il mondo. Forse valeva anche per le grasse signore: che l'attimo prima una cosa fosse un'arancia e l'attimo dopo fosse una pesca. E magari sarebbero discese silenziosamente da sole via via che perdevano peso fino ad atterrare quaggiù come noialtri: tirate, scarne e senza sogni, tutta la loro gloriosa rotondità svanita.
Amanda Davis, Grasse signore fluttuavano in cielo come palloncini.

(Avrei voluto scrivere ciò che penso della manifestazione di sabato 15 ottobre ma l'amico Andrea Scarabelli mi ha tolto le parole dalle dita).

mercoledì 5 ottobre 2011

deliri di non-potenza*

Che poi lavori lavori lavori, e non mangi, non preghi, non ami, e dici, ecco, ecco domani, anzi no, dopodomani, lasciami arrivare a giovedì, ma vedrai il mese prossimo, e quante cose mi godrò, essì che ce la facciamo, lasciamo passare l'onda, andrà meglio, e poi invece tutto questo non finirà mai, finché campi, finché produci la fuffa che serve ai fuffari a dire: ehi compra la mia fuffa, che è importante-essenziale-noooon puoi farne a meno, e te che hai prodotto fuffa non hai più nemmeno il fiato per smascherarli, per dire, no, questo no, dentro questa fuffa c'è il mio sangue, pagato a progetto, pagato per finta, pagato per niente, inscatolato per i compratori di fuffa che lavorano, lavorano, lavorano, e stanno come te, e stiamo come noi, ma non lo sappiamo, ma non ci guardiamo.








* dedicati a Maria, Matilde, Tina, Antonella e Giovanna.

sabato 1 ottobre 2011

nazismi personali (e ingiustificati)

Ho un problema con gli innamorati che si chiamano amore (e derivati) in pubblico.

mercoledì 29 giugno 2011

Errori di battitura


Salve, chiamo per dirvi che nella mia busta paga c'è un errore.
Questo è tutto da dimostrare.
Bè, c'è scritto contratto "determinato" invece di "indeterminato".
E che differenza fa?
La stessa che c'è tra un push up e il silicone.
Io non vedo differenza.
Io sì, quindi la prego di correggere.
È un errore di battitura.
Appunto, va corretto.
Io non vedo niente.
Scusi, ha la busta paga aperta?
No, e comunque non vedrei niente.
Mi prende in giro?
Forse sì, ma è la mia parola contro la sua.
Senta, mi faccia il favore, c'è un errore e va corretto.
Non sono pagato per correggere gli errori di battitura, e comunque se la fa contenta ce lo scriva lei.
Ma così non vale.
Per la legge 234 del comma bus articolo 3 milioni duecento, vale, sì.
Scusi ha detto comma "bus".
È un errore di battitura.

giovedì 9 giugno 2011

Save da date, pipol!

Io sono una pornografa del trash. Quanto mi piace il trash ammé, signora mia non le sto a dire.
E da brava pornografa come potrei non segnalarvi l'ultima tendenza (tutta americana) in materia di partecipazioni di nozze?
Basta con la carta a mano di Amalfi e i font dai mille riccioli, la genialata ora è il Wedding save the date trailer, un vero e proprio trailer in stile cinematografico, ma che più casereccio non si può.
Bello, bello, bello. Non aggiungerei altro, ché al cinema si sta in silenzio.